2009 – Prove d’Europa
Al cambio della governance regionale, per regola, corrisponde anche un cambio ai vertici istituzionali dell’Associazione Mittelfest. Il passaggio delle consegne in questo caso è tra Furio Honsell, presidente uscente, e Antonio Devetag, giornalista e imprenditore culturale.
Viene di conseguenza rivoluzionata anche la direzione artistica che si avvale, almeno per i prossimi cartelloni, di tre consulenti/direttori ai quali sono affidati i settori di settori di punta di Mittelfest. La programmazione della danza va all’esperto, organizzatore e regista Walter Mramor, quella musicale a Claudio Mansutti, musicista e organizzatore, quella teatrale allo scrittore e regista Furio Bordon.
Su ispirazione di Devetag che – a vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino suggerisce il titolo Prove d’Europa – le scelte dei tre direttori puntano verso una ripresa dei temi geopolitici, tipici della storia del festival, e compendiati nella produzione speciale d’apertura. Non solo, il comparto editoriale del festival realizza anche un volume, Prove d’Europa a vent’anni dal muro (a cura dello stesso Devetag, con Paola Sain e Daniela Volpe) che raccoglie 24 interventi di grandi personalità e osservatori europei, da Michail Gorbačëv a Predrag Matvejević, da Lucio Caracciolo a Sergio Romano.
Teatro, Musica e Danza si muovono perciò in sintonia, legate comunque alla sensibilità artistica dei tre direttori. Momento di grande richiamo è la serata di composizioni e improvvisazioni che ha per protagonista Philip Glass (Chamber Music), attesissimo maestro del Minimalismo. Ma anche la presenza del violoncellista Mario Brunello (che con il festival condivide un lungo percorso, e in questo 2009 di impegna su più fronti) suscita una forte attesa.
Valore antropologico hanno i canti popolari albanesi del coro della Filarmonica di Tirana. Tra gli autori selezionati nei programmi musicali trovano inoltre spazio Penderecki e Stravinsky, da contrapporre alle pagine spesso sconosciute che la trilogia Musica dall’Inferno di Marco Maria Tosolini dedica agli artisti vittime di persecuzioni e deportazioni da parte dei governi totalitari.
Il settore dalla danza spazia dall’orizzonte lontano dei monaci buddisti del tempio Shaolin (Sutra, coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui), alla clamorosa fuga di Rudolf Nureyev dalla Russia (Voglio essere libero, coreografia di Mario Merola), fino alle espressioni più recenti della danza italiana e ungherese (Matteo Levaggi, Marta Bevilacqua, Béla Földi).
Speciali attenzioni, Furio Bordon dedica al disagio esistenziale conseguente all’affermazione dei nazionalismi nel corso del ‘900. Da qui la scelta della scrittura di Iréne Nemirovski (Come le mosche d’autunno) e Nina Berberova (Il lacchè e la puttana) per soluzioni teatrali che valorizzano lo spazio particolare della Chiesa di Santa Maria in Corte. Anche il ritratto a tutto tondo di Orson Welles (interpretato da Giuseppe Battiston), una rilettura balcanica del mito (Medea’s Scream) e l’invito rivolto all’attrice Jitka Frantova (moglie di Jiří Pelikán, il promotore della Primavera di Praga) sono scelte azzeccate in pieno.
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direzione artistica: Furio Bordon, Claudio Mansutti, Walter Mramor
presidente Associazione Mittelfest: Antonio Devetag