2004 – Il tempo, le voci
Il trascorrere del tempo – questa è l’edizione numero 13 – e i mutati assetti gestionali oramai hanno fatto sì che il team che si era consolidato attorno al carisma artistico di Giorgio Pressburger, inevitabilmente, ceda il passo a un’altra idea di festival e a un passaggio di testimone. Che viene consegnato adesso a Moni Ovadia.
Artista altrettanto cosmopolita, sia nelle radici anagrafiche (un sefardita nato in Bulgaria e cresciuto nella Milano più progressista), sia nella capacità di guardare in ogni direzione, votato fin nell’intimo al vagabondaggio, sulle orme della diaspora ebraica, Moni Ovadia trova a Cividale una macchina ben funzionante, alla quale imprimere il proprio segno plastico, sfrangiato tra musica e teatro, partecipe dei temi e delle inquietudini della società civile.
In realtà non si avverte, in questa prima edizione firmata Ovadia, cui si affianca anche l’esperto Mario Brandolin, un distacco netto dai temi che hanno finora definito l’identità di Mittelfest. Se non che il suo motto, “fatta l’Europa, bisogna inventare gli europei” tende a visioni future, che meglio si definiranno negli anni successivi.
Certo è un festival d’autore questo che Ovadia confeziona, mettendo a frutto soprattutto la sua propria adesione al mondo e alla cultura yiddish e al tema dell’esilio in particolare. Che altro non è se non una sfaccettatura dell’identità centro-europea.
Ovadia chiama pertanto a raccolta gli artisti che sente come compagni di strada (la voce di Lee Colbert e i fiati di Emilio Vallorani, i compositori Alfredo Lacosegliaz e Fabio Vacchi, il Trio Čaikovskij con il violino di Pavel Vernikov, il percussionista Carlo Boccadoro). Oppure affronta tematiche che da sempre gli sono care (Gli altri colori dell’olocausto mette in luce lo sterminio nazista e fascista di omosessuali, zingari, oppositori politici).
Il titolo dell’edizione – Il tempo, le voci – gli permette altresì di invitare a Cividale voci e volti che scandiscono il presente dell’Europa. Prima fra tutti la coreografa tedesca Pina Bausch, che porta a Mittelfest uno dei suoi titoli più intensi: Kontakthof nella versione con signore e signori sopra i 65 anni. Ma ci sono anche la mistica religiosa maronita Soeur Marie Keyrouz (con il suo Ensemble de la Paix), il visionario regista sloveno Tomaž Pandur (Onehundred minutes), coreografe internazionali (come Susanne Linke, Andrea Ladàny, Zuzàna Kozankovà) e gruppi teatrali che si fanno notare (L’Impasto di Sandro Berti e Michela Lucenti, qui con Cantiere West).
Lo stesso Pressburger ha modo di allestire un suo nuovo testo (Il rabbino di Venezia). E c’è attesa pure per uno spettacolo che ha per protagonista una “signora delle stelle”, l’astronoma pop Margherita Hack (Variazioni sul cielo) e per il concerto stradale del Taraf da Metropulitana, che emergono in superficie dopo anni a suonare nelle stazioni sotterranee del metro di Bucarest.
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direzione artistica: Moni Ovadia
presidente Associazione Mittelfest: Demetrio Volcic